Pensieri romanisti

As Roma: ennesimo derby perso in fotocopia, le responsabilità condivise di società, allenatore e giocatori

L’ennesimo derby perso in fotocopia. Oramai il copione è noto: partita giocata con mediocrità da entrambe le squadre, Roma che commette un’ingenuità, Lazio che è brava ad approfittarne, 1-0 palla al centro e partita finita. Degli ultimi quattro derby disputati è il terzo che finisce allo stesso modo, con lo stesso risultato, con le stesse modalità. I primi due per due errori grossolani di Ibañez, l’ultimo per un ingenuo fallo da rigore del giovanissimo Huijsen su Castellanos, che ha spianato la strada alla vittoria dei biancocelesti. In mezzo un pareggio, quello per 0-0, arrivato in campionato, in una gara dove le due squadre sono state attente (o forse bisognerebbe dire “la Roma è stata attenta”) a non sbagliare, concedendo pochi regali all’avversario.

Eppure, dato che il copione era noto già a tutti, ci si chiede se si potesse fare qualcosa di diverso ieri sera, perché la Roma era anche sembrata partire col piglio giusto: veniva da una buonissima prestazione contro l’Atalanta, e ci si aspettava un atteggiamento simile a quello visto in campo contro i bergamaschi. Invece no, è durata poco la Roma, che ha iniziato a offrire una panoramica di tutti i suoi limiti: errori tecnici gravi fin dai primi minuti, passaggi sbagliati, cross mal calibrati, dormite collettive che hanno permesso alla Lazio, ieri sera tutt’altro che brillante, di guadagnare campo e mettere in difficoltà la retroguardia giallorossa.

Ciò che però ha deluso ancora di più è stato l’atteggiamento con cui la Roma è entrata in campo nella ripresa. Mourinho in conferenza ha detto testuali parole: “L’intervallo è stato un momento duro per noi, perdere Dybala è tanto: ho sentito subito che nello spogliatoio non stavamo perdendo solo Paulo, ma anche un po’ l’anima e la fiducia. La gente si guardava, è stato pesante. Non voglio dire che abbiamo preso gol nel primo minuto del secondo tempo per questo”. Ora: Paulo Dybala è soggetto ai soliti, noti, infortuni. La Roma deve fare a meno di Paulo Dybala ogni tre per due: è impensabile che la squadra si demoralizzi quando davanti a sé ha un derby tutto da giocare con il risultato inchiodato sullo 0-0. Nella nostra storia abbiamo giocato derby con i Francesco Statuto, con gli Enrico Annoni, con i Piacentini e i Bonacina: da quand’è che non si può giocare un derby senza Dybala? Basta perdere Dybala per consegnarsi alla Lazio in quel modo osceno come è accaduto a inizio ripresa? La risposta di chi scrive è un no deciso, secco, diretto: NO.

Le responsabilità collettive: società, allenatore, giocatori

In un contesto nel quale si tende spesso a esaltare presidenze, allenatori e giocatori è necessario fare un’analisi approfondita di questa stagione mediocre che sta sfilando sotto al naso dei tifosi. Perché il cammino in campionato è pessimo (c’è un ritardo di almeno 6 punti), in Europa League sarebbe bastato non perdere a Praga per evitare gli spareggi (e invece no, altro autogol clamoroso dei giallorossi che, in una situazione di emergenza come quella attuale, di tutto avevano bisogno meno che di altre due sfide europee da giocare), dalla Coppa Italia ci si è fatti eliminare disputando una partita ampiamente insufficiente. Ma qui, appunto, le responsabilità sono collettive: che non vuol dire “colpa di tutti, colpa di nessuno”, no. Vuol dire che chi ha responsabilità deve assumersela per tirare fuori la Roma da questo pantano in cui sta sprofondando.

Si può fare di più con questa rosa?

La domanda è semplice, la risposta meno. Più volte Mourinho ha parlato delle criticità della rosa della Roma: mancano dei profili specifici, soprattutto a centrocampo, dove non c’è quel giocatore che dia imprevedibilità e fantasia alla manovra. Nelle idee di Pinto (ma solo nella sua testa) doveva essere Renato Sanches, che tuttavia è stato un acquisto buono solo per gli almanacchi. L’alternativa poteva essere Pellegrini, ma è oramai da parecchio tempo che il Capitano non riesce a offrire una prestazione che sfiori la sufficienza. Problemi fisici? Momento no? Possibile. Purtroppo, però, senza Aouar e Sanches, a Pellegrini non si può dare tutto il tempo del mondo: perché il campionato avanza inesorabilmente, e le prestazioni del numero 7 continuano ad avere una costante mediocrità.

Sugli esterni altro problema atavico della Roma. Ieri Mourinho in conferenza stampa lo ha detto chiaramente: “In questo momento, ma già da tempo, abbiamo un problema: siamo molto bravi a mettere i quinti in una posizione pericolosa, ma non creano niente. È successo sempre, anche contro l’Atalanta. La squadra ha controllo e sa cambiare gioco per i quinti, ma non esce un cross o una diagonale che finisce con un tiro, niente. È frustrante”. Esattamente: frustrante. Di cinque esterni che la Roma ha in rosa nessuno, e sottolineo nessuno, è riuscito a mettere un cross calibrato nelle ultime due partite contro Atalanta e Lazio. Nessuno. Né Zalewski, né Karsdorp, né Celik, né Spinazzola, né Kristensen (che peraltro ora sta giocando da centrale). Una così scarsa qualità delle giocate sugli esterni credo non si vedesse dai tempi di Pivotto e Dal Moro. Eppure sono anni che la Roma aveva come obiettivo quello di rinfrescare gli esterni, dato che il modulo prevedeva laterali a tutto campo e non terzini adattati. Ma anche qui le scelte fatte non hanno dato affatto ragione alla società (Tiago Pinto): la scelta di Celik non è stata una grande intuizione, visto il rendimento avuto, a occhio e croce neanche Kristensen, anche se a quest’ultimo direi di lasciargli concludere la sua prima stagione in giallorosso per dare un giudizio definitivo (peraltro in prestito, dunque è anche possibile che a fine anno torni al Leeds da dove è venuto).

Per non parlare dei difensori a disposizione di José Mourinho: sono almeno due sessioni di mercato (se non tre) che la Roma ha bisogno di prendere un altro difensore centrale, operazione mai stata possibile per i limiti imposti dal settlement agreement. Bene, d’accordo, tutto vero: ma ci sarà un modo per fare un’operazione low cost e prendere un giovane come fatto, ad esempio, con Huijsen e dare a Mourinho un difensore con largo anticipo? Poi per carità, ci si è messa anche la sfortuna con l’infortunio di Kumbulla e la sparizione di Smalling (quest’ultimo caso frustrante e disarmante), ma anche qui, probabilmente, date le limitazioni del SA e quelle future delle prossime sessioni di mercato si poteva anche iniziare ad agire in anticipo cercando giovani in giro per i vari continenti, operazioni che questa Roma, oramai, da tempo non fa più.

Si può fare di più con questo materiale a disposizione? Viste le prestazioni dei giocatori in campo risulterebbe difficile dire di sì, anche se poi rimane negli occhi la prestazione offerta contro l’Atalanta e ci si chiede: era davvero impossibile replicarla? È naturale che le responsabilità siano sempre condivise: società, allenatore, giocatori. Non se ne esce, è così, responsabilità condivise: società, allenatore, giocatori.

Ecco, dato che adesso si va incontro a un’altra partita difficile domenica contro il Milan (non ci sarà Dybala, che facciamo ci presentiamo lo stesso al campo?), sarebbe opportuno che società, allenatore e giocatori iniziassero a serrare i ranghi e a battagliare come faceva la Rometta (era chiamata così la Roma dei secondi anni ’80, scarsa tecnicamente ma di certo molto arcigna) anche contro squadre più forti di lei: coraggio, determinazione, testa, cuore oltre l’ostacolo, oltre anche i limiti tecnici. Perché il calcio non è una scienza esatta, altrimenti tutte le partite sarebbero scontate: succede che le piccole fermino le grandi, può succedere che la Roma, squadra imperfetta, possa fare risultato contro una squadra più forte. Ma per farlo serve mettere in campo molto di più: da parte della società, dell’allenatore e dei giocatori. Di tutti.

Poi a fine anno, a fine stagione, si traccerà una linea e si farà un bilancio. Perché una cosa è chiara: in questa squadra militano tanti tesserati ai quali a fine stagione bisognerà dire “grazie di tutto, in bocca al lupo per la tua carriera, altrove”.

Forza Roma!

Alessandro Oricchio

Docente e ricercatore di Lingua Spagnola, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe. Da gennaio 2021 redattore e speaker di TeleRadioStereo 92.7

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