Tanti auguri a Ruggiero Rizzitelli che oggi compie 56 anni. Attaccante della Roma dal 1988 al 1994, ha totalizzato ben 211 presenze con la casacca giallorossa segnando 55 reti. La sua esperienza alla Roma fu praticamente un vero e proprio colpo di fulmine: come dichiarato dallo stesso giocatore, ci vollero solo sei mesi per innamorarsi dei colori giallorossi. “Sono diventato tifoso della Roma subito: sei mesi dopo il mio arrivo a Roma ho capito che il calore dei tifosi, il loro attaccamento alla maglia, era anche il mio. E non mi ha lasciato più”.
Qui leggiamo uno stralcio dell’intervista rilasciata al sito ufficiale della Roma in cui Ruggiero Rizzitelli ha ricordato la sua esperienza in giallorosso:
Un ricordo del ragazzo ventunenne che partì da Cesena per arrivare a Roma e vestire la maglia della Roma?
Io nasco romanista in casa di romanisti, perché io nasco calcisticamente a Cesena e lì vivevo con Nippo Nappi e Bonaiuti, quindi capisci che stando con loro si parlava soltanto di Roma. Ho vissuto con loro l’anno della finale di Coppa di Campioni, vivendo l’esaltazione e la depressione. Io però non sapevo che poi sarei venuto a Roma, anche perché c’era anche la Juventus. Ad un certo punto mi chiamò il mio ex presidente dicendomi che mi aveva venduto alla Roma. Ho accettato volentieri, a 21 arrivare a Roma da una piccola piazza come Cesena. Devo dire che all’inizio mi sono un po’ spaventato, ma il mitico Dino (Viola, ndr) mi prese sotto braccio e mi tranquillizzò e io capii di aver trovato un padre.
Sul primo gol alla Roma…
Non si può dimenticare. Tornando a Nappi di cui parlavamo prima, mi aveva confessato che il suo sogno era quello di segnare un gol sotto la Curva Sud, lui l’aveva sognato io l’avevo realizzato.
Per le tue caratteristiche, riusciresti a giocare adesso? Qual è l’attaccante che ti somiglia di più?
In questo momento sì, perché ad un attaccante oggi si chiede tanta quantità: corsa, sacrificio. Io sono stato definito anni fa come attaccante moderno. A Torino Nedo Sonetti mi disse che dovevo fare l’attaccante e fare gol, quell’anno ne ho fatti tanti, 19 solo su azione. A fine partita, anche se facevo due gol, non mi divertivo, perché dentro di me non avevo il sacrificio, la corsa per il compagno. La mia gioia era recuperare un pallone perso da un compagno, da un amico. Mi hanno preso per pazzo, ma per me era così. In questo momento si cerca più la quantità che la qualità, ma ovviamente senza la prima non puoi pensare di giocare, altrimenti vai a fare atletica. Basti pensare a Ibrahimovic e Totti.
Chi butti giù dalla torre tra Messi e Maradona?
Butto giù Messi.
Chi butti giù tra Trapattoni e Mazzone?
Mazzone, perché mi ha fatto lasciare Roma ed è una ferita indelebile. Trapattoni mi ha portato al Bayer, mi ha fatto vincere in Bundesliga. Sono stato il primo italiano ad andare a giocare in Bundesliga.
Chi butti giù dalla torre tra Giannini e Rudi Voeller?
Tra i due mi butto giù io. Giannini è stata una persona speciale, era molto timido. Rudi è il campione, per lui ho fatto tanti sacrifici, correvo al posto suo.
Sulla Coppa Uefa persa con l’Inter…
Per me come tutti noi tifosi è stata la delusione più grande. Perché quell’anno è venuta a mancare una grande persona (Dino Viola, ndr) e tutti noi volevamo dedicare la coppa a questa grande persona e regalargli questo trofeo. Siamo arrivati fino alla fine, facendo un grande torneo. Il ritorno della finale è stato una gara fantastica, noi eravamo più forti. Dopo pochi minuti ho preso il palo, ho fatto gol a cinque minuti dalla fine, l’Inter si è chiusa in difesa. Quella coppa noi l’abbiamo vinta sul campo.
Il pubblico a fine partita ringraziò la squadra.
Il pubblico ha capito, ci ha applaudito.