Carriera a rischio. Fu una notizia shock quella che leggemmo in quel maledetto 2 ottobre del 2018. Riccardo Calafiori aveva subito un durissimo intervento dell’attaccante ceco Svoboda e il suo ginocchio si era letteralmente sbriciolato, con la rottura di tutti i legamenti, di tutti i menischi e della capsula articolare. Un ragazzino di appena 16 anni che subisce un infortunio del genere è chiamato a una prova di grande maturità, perché quella è l’età in cui o si sboccia definitivamente e si arriva al calcio che conta, oppure si corre il rischio di finire a galleggiare nelle categorie inferiori. Di sicuro, è un momento in cui non ci si può fermare, ma Riccardo Calafiori lo ha dovuto fare, e non per scelta sua.
Riccardo Calafiori, il suo post su Instagram
Un infortunio del genere ti obbliga a mettere da parte la scatola dei giochi. Un infortunio del genere ti obbliga a smettere di sognare, perché c’è bisogno di concentrarsi sulla realtà, e la realtà di Riccardo Calafiori non era affatto a colori. Una realtà che prevedeva almeno 2 o 3 operazioni, e una lunga riabilitazione. Poi, invece, il cambio di programma, l’operazione negli Stati Uniti, con gli auguri di pronta guarigione di Daniele De Rossi (che andò a trovarlo all’ospedale) e di tutta la rosa della Roma capitanata da Edin Dzeko, che mostrò la maglia di Calafiori dopo aver segnato un gol.
L’esordio in Serie A
Stagione 2020/2021
Poi la ciliegina sulla torta. La stagione 2020/2021, la cessione di Kolarov che ha promosso Calafiori nella rosa della Roma dei grandi. A 18 anni, giovanissimo, è diventato la prima alternativa a Leonardo Spinazzola sulla sinistra, ed è stato schierato da Mister Fonseca già in due occasioni da titolare: nella vittoriosa trasferta contro il Cluj e nella partita di ieri sera, in cui Riccardo Calafiori è risultato decisivo. Decisivo perché il gol del 2-1 è una rete che tutti quelli che sognano di diventare calciatori sperano di segnare, è un gol di straordinaria bellezza, perché dentro quel pallone spinto in rete non c’era solo la potenza del mancino di Riccardo Calafiori. In quel pallone c’erano i 12 mesi in cui è dovuto stare fermo, c’era l’operazione negli Stati Uniti, c’era la paura di non tornare a giocare a calcio, c’era la lunga riabilitazione, c’erano i sogni di un ragazzino di 16 anni che ha dovuto vivere suo malgrado lo spavento di non tornare a praticare il suo sport preferito.
Ed è stato bello vedere Riccardo Calafiori correre ed esultare per quel gol, baciare la maglia, gesto spontaneo che fanno solo quelli che veramente amano l’armatura che indossano. E la speranza, Riccardo, è che sia il primo di una lunghissima serie di baci.